Suono e onde sonore
Se durante un concerto avessimo la possibilità di osservare l’aria mentre vibra simultaneamente influenzata dal suono di voci e strumenti, con grande stupore vedremmo colori organizzarsi e muoversi in essa.   (Athanasius Kircher ) [2]
Siccome la letteratura specifica sia online che cartacea riguardo questi temi è vastissima e facilmente reperibile, nei paragrafi seguenti la trattazione degli argomenti teorico-scientifici non vuole essere esaustiva ma mirata esclusivamente agli scopi ultimi di questo scritto ovvero la produzione artistico-musicale.
Come nasce il suono? Il suono viene generato attraverso la produzione di onde meccaniche da parte di un corpo vibrante chiamato sorgente sonora. Questa può essere uno strumento musicale, le corde vocali, la membrana di un altoparlante o più in generale qualsiasi fenomeno avente caratteristiche fisiche opportune che provoca piccole variazioni nella pressione atmosferica [4].



Per produrre suono la sorgente deve essere immersa all’interno di un corpo elastico che nel nostro caso solitamente è l’aria, permettendo così la propagazione delle vibrazioni generate dalla sorgente sonora nello spazio circostante. Questo fenomeno ondulatorio è chiamato onda sonora.

Infatti più generalmente in fisica un’onda è una perturbazione che si propaga nello spazio e che può trasportare energia da un punto all’altro tramite la variazione di una grandezza fisica. Nel caso delle onde sonore la perturbazione è la variazione di pressione atmosferica (successione di rarefazioni e condensazioni) indotta dal corpo vibrante nel mezzo elastico circostante [4].

Nel corso del suo tragitto all’interno del corpo vibrante un’onda sonora può incontrare un apparato in grado di trasformare (ed eventualmente elaborare) l’energia sonora in energia di altra forma.

Per quello che riguarda la materia in trattazione questo tipo di apparati sono generalmente due:
il sistema uditivo umano che trasforma le variazioni di pressione atmosferica all'orecchio in impulsi nervosi interpretati dal cervello come suoni.
un qualsiasi tipo di microfono che le trasforma in variazioni di tensione elettrica che scorre all’interno di un sistema elettroacustico analogico.
In questo secondo caso le variazioni di tensione elettrica che escono dal microfono e corrono lungo il cavo sono quello che viene definito un segnale audio analogico che proseguirà il suo cammino all'interno di una catena elettroacustica.

Vediamo ora quali sono i principali parametri del suono, i diversi simboli con cui rappresentarli e le unità di misura da adottare per misurarne i valori.
Parametri del suono e della musica
Altezza o frequenza
L’altezza di un suono è il parametro legato alla sensazione di gravità/acutezza che si percepisce di un suono e dipende dalle frequenze di variazione delle onde elementari che compongono l’ onda sonora [5].
Misure e simboli musicali
-
Guido d'Arezzo - Inno a San Giovanni Battista
valori assoluti in Note MIDI
- Numerazione MIDI.
- Numerazione a Ottave (Giapponese, Yamaha, Encore).
- Numerazione a Ottave (Scientifica, MusicXML ed altre).
- Numerazione di Helmholtz (utilizzata comunemente negli Stati Uniti).
- Numerazione Esadecimale.
Per chi fosse interessato a un approfondimento sui diversi sistemi di numerazione può cliccare su questo link.
intervalli in valori relativi a una nota MIDI di riferimento (nota perno).
-
- cent (cst) ovvero la centesima parte di un semitono.
Misure e simboli fisici
Quando parliamo di altezza o frequenza di un suono ci riferiamo principalmente a suoni con una forma d'onda periodica o ciclica. Un'onda periodica è data da un fenomeno vibratorio che si ripete identico a se stesso a intervalli di tempo uguali chiamati T. T è detto periodo (o ciclo) dell'onda. Nella figura sottostante vedamo una rappresentazione grafica di un onda in un sistema di riferimento cartesiano dove sull'asse delle ascisse (x) è rappresentato lo scorrere del tempo, mentre sull'asse delle ordinate (y) le variazioni di pressione atmosferica (o di voltaggio nel caso in cui volessimo rappresentare un segnale audio analogico).

La frequenza di un suono periodico è misurata in Hertz o cps (cicli per secondo) ovvero si misura quante volte il periodo si ripete uguale in un secondo come illustrato nella figura seguente.

Ricordiamo che l'orecchio umano nelle sue condizioni ottimali percepisce suoni compresi tra 20 e 20.000 Hz. A chiosa di questo argomento possiamo osservare nell'immagine seguente i rapporti intercorrenti tra alcune delle unità di misura appena esposte.

Dinamica o Ampiezza
L’intensità di un suono descrive l’ampiezza delle variazioni dell’onda sonora e fornisce una misura dell’energia da essa trasportata. In termini musicali è data dal rapporto tra i suoni più deboli (pianissimissimo) e quelli più forti che caratterizzano la dinamica di un brano.
Misure e simboli musicali
dinamica, espressa in simboli musicali. In questo caso i valori sono quasi sempre relativi al contesto musicale, ovvero un "forte" in una Sonata per violino barocca non ha la stessa intensità di un "forte" dato agli ottoni in un Poema Sinfonico di R.Strauss. E' questo un concetto che si avvicina alla misurazione fisica "relativa" in decibels che osserveremo tra poco, ma che ha in se anche una valenza soggettiva e un aspetto intuitivo/interpretativo che va ben oltre alla semplice misura dell'intendità di una forma d'onda.
key velocity, espressa in valori numerici tra 0 e 127. Anche se questa unità di misura assume un aspetto di codifica "musicale" è, a differenza della precedente espressa in valori assoluti. Un suono con una key velociy di 127 sarà sempre "il più forte possibile e avrà sempre la stessa intensità indipendentemente dal contesto musicale.
Misure e simboli fisici
La dinamica di un suono in fisica si definisce con il termine ampiezza. Questo termine può infatti essere usato sia riferito a un'onda sonora (ambito delle variazioni di pressione), sia ad un segnale audio analogico (ambito del voltaggio) sia ad un segnale audio digitale (valori dei campioni). Se prendiamo in considerazione l'aspetto fisico acustico e non la percezione umana questo parametro è indipendente dalla frequenza come possiamo osservare nella figura seguente che illustra la rappresentazione di tre suoni aventi la stessa frequenza ma ampiezze differenti:

Per convenzione l'ampiezza di un segnale audio è compresa tra +/- 1.0.
Il termine ampiezza è però troppo generico e per evitare confusione dobbiamo aggiungere un aggettivo per distinguere tra due differenti modalità di misurazione:
ampiezza istantanea. Questo tipo di ampiezza è semplicemente la misura del valore di energia in un preciso istante del tempo, ovvero nella rappresentazione dei segnali su un piano cartesiano, il valore misurato sull'asse delle ordinate (y) in un preciso punto sull'asse delle ascisse (x). Come esempio possiamo pensare a un segnale audio digitale che è descritto da una successione di numeri corrispondenti alle ampiezze istantanee dei singoli campioni (entreremo nel dettaglio più avanti).
...1.0 0.75 0.5 0.25 0.0 -0.25 -0.5 -0.75 -1.0 -0.75 ...
Oppure per quanto riguarda segnali non discreti (come le variazioni di pressione atmosferica o i segnali audio analogici) corrisponde alla misurazione di un singolo valore in un preciso istante di tempo (nella figura seguente il valore di un singolo puntino rosso).
ampiezza assoluta. Questo tipo di ampiezza invece non prende in considerazione il singolo valore in un determinato istante, ma l'insieme dei valori di un segnale in un tempo finito e la misurazione può essere effettuata in due modi:
ampiezza di picco ovvero il valore assoluto di energia più alto tra quelli compresi in un tempo finito o in termini musicali il suono più forte di un brano o di una parte di esso. Se osserviamo l'immagine sottostante il punto che più si discosta dallo 0 sia in positivo che in negativo (in questo caso il valore a onset 0.1 è l'ampiezza di picco di questo segnale e corrisonde a 1.5).
RMS (Root Mean Square o valore efficace) ovvero una particolare media dei valori di energia tra quelli compresi in un tempo finito. Vediamo come calcolarlo prendendo come esempio i valori delle ampiezze istantanee del segnale rappresentato nell'ultima figura:
0.0   1.5   1.0   0.4   0.6   0.0   -0.4   -0.2   -1.0   -1.5   0.0
Per prima cosa calcoliamo il quadrato (Square) di ogni singolo valore:
0.0   2.25   1.0   0.16   0.36   0.0   0.16   0.04   1.0   2.25   0.0
Poi calcoliamo ora la media matematica (Mean) di questa sequenza numerica (osserviamo che il quadrato dei numeri negativi li ha trasformati in positivi):
0.65636363636364
Infine calcoliamo la radice quadrata (square Root) del valore ottenuto per "annullare" l'elevazione al quadrato effettuata nel primo passo:
RMS = 0.81016272215132
In SuperCollider:
[0.0,1.5,1.0,0.4,0.6,0.0,-0.4,-0.2,-1.0,-1.5,0.0].squared.mean.sqrt;
La principale differenza tra ampiezza di picco e RMS sta nel fatto che la prima è un valore univoco indipendente dall'andamento del segnale mentre la seconda è strettamente legata alle caratteristiche morfologiche del segnale come illustrato nell'immagine seguente:
Dopo aver osservato le differenze tra ampiezza assoluta e ampiezza relativa possiamo ora soffermarci sulle unità di misura impiegate per misurare le variazioni d'ampiezza o meglio i rapporti che intercorrono tra suoni con intensità differenti. Questo parametro è anche comunemente chiamato volume o fattore di amplificazione. Per meglio comprendere possiamo pensare che nell'ambito elettroacustico tutti i generatori (o trasformatori) di segnali audio producono come output segnali con ampiezza di picco uguale a 1.0, i cui valori di ampiezza istantanea oscillano dunque tra +/- 1.0.

Segnale analogico

Segnale digitale
Se prendiamo ad esempio tutti i valori delle ampiezze istantanee di un segnale digitale e li moltiplichiamo per 1.0 otterremo lo stesso segnale, ma se li moltiplichiamo per 0.5 otterremo un segnale con la stessa frequenza ma con l'ampiezza dimezzata, mentre se li moltiplichiamo per 0.0 otterremo un segnale corrispondente al silenzio. Le figure seguenti illustrano dei fattori di moltiplicazione che variano nel tempo e che generano dunque crescendi e/o diminuendi.

*

=

Per quanto riguarda questi fattori di moltiplicazione che regolano i rapporti in un ambito (range) dinamico ci sono principalmente tre diverse unità di misura:

ampiezza lineare. Unità di misura assoluta espressa in valori numerici compresi tra 0.0 e 1.0, dove 0.0 corrisponde al silenzio, 1.0 al suono più forte e 0.5 alla esatta metà del segnale. Questa unità di misura è la più semplice ma anche la più lontana dalla percezione umana riguardo i cambiamenti di intensità dei suoni. Infatti quando uno strumentista esegue un crescendo o un diminuendo con uno strumento acustico, istintivamente li organizza seguendo una curva logaritmica o esponenziale per rafforzarne l'efficacia musicale. Lo stesso dicasi per accelerandi e ritardandi.
ampiezza quartica. Unità di misura assoluta espressa in valori numerici compresi tra 0.0 e 1.0, dove 0.0 corrisponde al silenzio, 1.0 al suono più forte ma 0.5 non è la metà esatta del segnale in quanto segue una curva esponenziale così come possiamo osservare nella figura precedente. E' l'unità di misura più vicina alla percezione umana. Per ottenere i valori corretti dei fattori di moltiplicazione basta elevare l'ampiezza lineare alla quarta potenza. Essendo compresi tra 0.0 e 1.0 l'ambito (range) rimane lo stesso.
valore^4
Dove "valore" significa il valore dell'ampiezza lineare (sempre tra 0.0 e 1.0) da convertire. In SuperCollider la sintassi è semplice:
0.5.pow(4);
decibels (dB). Unità di misura relativa espressa in valori numerici compresi tra 0.0 e -infinito (o +infinito a seconda del tipo di misurazione), dove 0.0 corrisponde al segnale inalterato, -infinito al silenzio e -6.02 ca. alla metà del segnale. Questa è l'unità di misura più utilizzata nell'ambito elettroacustico perchè meglio si adatta alle caratteristiche implicite di una catena elettroacustica, dove il suono, sotto forma di corrente elettrica (variazioni di tensione alternata), entra ed esce da diversi dispositivi (devices) collegati tra loro attraverso cavi.
In questa situazione abbiamo bisogno di misurare ed eventualmente modificare l'ampiezza del segnale sia all' ingresso di un dispositivo, sia all'uscita dello stesso. Ecco che si rende necessaria un'unità di misura relativa a questo rapporto e non in termini assoluti. Se diciamo "questo suono misura 0 dB" non stiamo dando alcuna informazione riguardo alla sua effettiva intensità, in quanto 0 dB significa che l'ampiezza di un segnale (suono) che entra in un dispositivo è uguale a quella che esce. Questo vuole dire mettere in relazione due valori, non misurarne uno in termini assoluti. Facciamo un esempio musicale. Posso dire correttamente: "tra il suono più piano di una chitarra acustica non amplificata e quello più forte ci sono 24 dB" ma anche: "tra il suono più piano e il suono più forte di un trombone tenor-basso ci sono 24 dB". In questo caso i livelli di pressione sonora dei due strumenti sono molto diversi ma il rapporto che intercorre all' interno del loro range dinamico è lo stesso. Vediamo infine come convertire i fattori di moltiplicazione espressi in ampiezza lineare (tra 0.0 e 1.0) in dB. La formula, semplificando è la seguente:
20*log[10](valore)
Dove "valore" significa il valore dell'ampiezza lineare (sempre tra 0.0 e 1.0) da convertire. In SuperCollider la sintassi è semplice:
20*log10(0.5); 0.5.ampdb; -6.02.dbamp;
Così come la misurazione quartica dell'ampiezza, anche i dB seguono una curva non lineare per avvicinarsi il più possibile alla sensazione uditiva umana relativa ai cambiamenti di ampiezza.
Phon o livello di sensazione sonora. Fino ad ora abbiamo affermato che frequenza e ampiezza in ambito fisico/acustico sono due parametri indipendenti e abbiamo visto come possiamo misurarli anche in ambito elettroacustico. Ma nel momento in cui il suono giunge all'orecchio le cose si complicano, infatti il sistema uditivo umano non è formato soltanto dall'orecchio: il modo in cui le informazioni trasmesse dal nervo acustico vengono elaborate dal cervello è, in una certa misura, addirittura più importante delle informazioni stesse. Chi non ha sperimentato l'esperienza di non sentire un suono che in quel momento non interessava? Basterebbe questo semplice fatto a provare come le informazioni acustiche vengano filtrate, selezionate, modificate dal cervello. E la percezione dell'intensità dei suoni cambia in relazione alla frequenza legando di fatto i due parametri. Nella figura sottostante è illustrato il diagramma di Fletcher e Munson, che rappresenta la sensibilità dell'orecchio alle diverse frequenze e per diverse pressioni sonore. Sull'asse verticale sono presenti le pressioni sonore in dB mentre sull'asse orizzontale le frequenze in scala logaritmica. Le curve, chiamate curve di uguale livello sonoro o isofone, dicono quale pressione sonora è necessaria, alle diverse frequenze, per dare la medesima impressione di intensità. L'unità di misura è il phon che rappresenta dunque l'udibilità soggettiva dell'orecchio umano, che in determinati casi, non coincide con la differenza oggettiva che due suoni hanno tra loro.
Strumenti o Timbro
Il timbro è quella particolare qualità del suono che permette di distinguere due suoni con uguale ampiezza e altezza. Il timbro rappresenta quell'attributo della sensazione uditiva che consente all'ascoltatore di identificare la fonte sonora, rendendola distinguibile da ogni altra.
- Ambito musicale
Come abbiamo detto, qualsiasi suono è generato da un oggetto (strumento) posto all'interno di un corpo elastico (aria) che viene messo in qualche modo in vibrazione. Semplice. Ma le relazioni che intercorrono tra l'oggetto che genera un suono, le caratteristiche fisiche dell'onda sonora generata (altezza, intensità e timbro) e la percezione multisensoriale di entrambe sono estremamante complesse e abbracciano diversi ambiti di studio (psicoacustica, antropologia culturale, neuroscienze, etc.). Per questo motivo una trattazione esaustiva dell'argomento in questa pagina sarebbe impossibile e fuori luogo, soffermiamoci dunque solo su semplici spunti di riflessione legati al pensiero musicale e alle sue possibili implicazioni nella pratica compositiva.
Cominciamo con un esempio: osserviamo un percussionista con un tamburo e una bacchetta. Nel momento in cui la bacchetta colpisce la pelle dello strumento viene prodotto un suono. Il nostro cervello dopo aver osservato (percezione visiva) una o più volte il gesto che genera quel determinato suono e aver ascoltato (percezione auditiva ) il suono prodotto da quel determinato gesto crea una connessione tra i due sensi, includendo nella nostra memoria esperenziale queste nuove informazioni. Con il passare degli anni ed il moltiplicarsi delle esperienze visivo/auditive, nel nostro cervello si crea un immenso database di suoni correlati a oggetti e a gesti che ci permette di immaginare quel determinato tamburo ogni qualvolta ne sentiamo il suono corrispondente, anche attraverso una registrazione, in assenza di uno stimolo visivo. E' presto detto che ciò vale anche nel caso inverso, ovvero nel momento in cui osserviamo quel tamburo possiamo richiamare alla memoria e "pensare" il suono (o i suoni) che può produrre, così come hanno fatto (quasi) tutti i compositori che non avevano a disposizione campionatori o registratori nell'atto di comporre un brano per uno o più strumenti, e ancor più nell' orchestrare amalgame di timbri più o meno omogenei.
J.Brahms - Sinfonia n°4 Op.98
Nel corso della stratificazione culturale propria della tradizione occidentale il processo appena descritto (assieme ad altre importanti concause) ha favorito l'astrazione del pensiero musicale quando organizzato in un linguaggio. In questo caso, un suono rappresenta se stesso anche simbolicamente e non l'oggetto che lo ha prodotto, svincolandolo dall'esistrere solo ad un livello esperenziale/percettivo. Osserviamo due esempi di suono organizzato che potrebbero sembrare agli antipodi:
la musica per tastiera di J.S.Bach. Secondo la consuetudine del tempo, l'autore adotta l'indicazione generica "fur Klavier" (per tastiera) nello specificare in partitura la destinazione strumentale di alcune composizioni come le Sei Suites Inglesi BWV 807 o la Fantasia cromatica in Re minore BWV 903
J.S.Bach - Fantasia cromatica in Re minore BWV 903
relegando in questo modo il parametro timbrico e la correlazione suono-strumento ad un ruolo secondario se non del tutto ininfluente rispetto al messaggio trasmesso che è dato unicamente dall'organizzazione nel tempo di altezze e intensità secondo la sintassi di un linguaggio astratto condiviso (musica modale/tonale, mensuralismo ritmico).
la musica acusmatica che è un tipo di musica elettroacustica dove suoni registrati, elaborati o generati da computer sono fissati su un supporto e diffusi in concerto da uno o più altoparlanti. La caratteristica fondante l'estetica che sta alla base di questa forma d'arte risiede proprio nel principio di non riconoscibilità della sorgente sonora.
Bernard Parmegiani - Espèces d'espaces
"...rumore acusmatico si dice di un suono che si ascolta senza scoprirne le cause. Ebbene, questa è la definizione stessa dell'oggetto sonoro, questo elemento di base della musica concreta, musica la più generale che sia, di cui la testa sarebbe vicino al cielo e i cui piedi toccherebbero il regno dei morti..." (Jérome Peignot)
Partendo da questa idea i suoni impiegati in queste composizioni vengono generalmente organizzati nel tempo attraverso un linguaggio (spesso soggettivo, poco condiviso o creato solo per il brano specifico) i cui elementi sintattici principali sono i parametri morfologici del suono stesso e dove non c'è un oggetto/strumento che produce suono ma un oggetto sonoro che è suono. La percezione di questa particolarità è rafforzata dal fatto che i brani sono generalmente diffusi in concerto da orchestre di altoparlanti (acusmonium) che, sebbene possano essere pensati come enormi strumenti musicali con proprie caratteristiche timbriche, nei confronti dei suoni diffusi assumono una valenza neutra (imprimono le loro caratteristiche su qualsiasi tipo di suono diffuso) e anche l'eventuale presenza di un esecutore alla consolle per l'interpretazione della diffusione multicanale è visivamente minimizzata collocandolo in mezzo al pubblico, non sul palcoscenico.
Nelle tendenze più recenti della musica d'arte inoltre si è sviluppata una corrente musicale che segue il percorso poetico iniziato tra gli altri da Helmut Lachenmann e che persegue la creazione di una musica acusmatica strumentale dove il timbro storicizzato di strumenti acustici appartenenti alla tradizione musicale occidentale viene snaturato in oggetto sonoro destoricizzato non attraverso l'impiego di mezzi elettroacustici (sia per quanto riguarda l'elaborazione del suono, sia la sua diffusione) ma di tecniche strumentali aumentate. In questi casi l'oggetto/strumento diventa anche idealmente un oggetto musicale.
H.Lachenmann - Pression
Infine possiamo incontrare ulteriori implicazioni musicali e possibili interessanti sviluppi di quanto appena esposto nei brani di musica mista ovvero che prevede l'impiego sia di strumenti acustici che elettroacustici, dove il suono generato dai primi sul palcoscenico viene trasformato in tempo reale dalla strumentazione elettroacustica, mixato con suoni preregistrati su supporto, oppure fatto percepire come proveniente da un altro punto nello spazio attraverso sistemi di diffusione multicanale.
Pierre Boulez - Anthèmes 2 per Violino e Live Electronics
Affronteremo nel dettaglio la specificità di queste problematiche in un altro paragrafo proprio perche strettamente correlate all'interazione uomo macchina.
Oltre alle tipologie riguardanti il rapporto timbro/suono/sorgente sonora appena esposte tutte strettamente legate al mondo musicale inteso nell'accezione più tradizionale di concerto/performance si apre ai nostri giorni una vastissima casistica di applicazioni del suono in luoghi specifici sotto forma di paesaggio sonoro. In ogni luogo, in ogni spazio è infatti possibile individuare una precisa sonorità urbana che lo contraddistingue. Ogni luogo è caratterizzato da un campo sonoro scomponibile in diverse categorie e componenti: gli sfondi che comprendono condizioni sonore stabili e caratterizzano spazi passanti o di grande dimensione; le sequenze di fenomeni compositi associati ad attività reiterate come mercati, scuole o al tipo di circolazione (mono o multimodale); gli avvenimenti-segnale che comprendono le fonti sonore puntuali ed emergenti (campane, sirene). Il campo sonoro urbano si può considerare inoltre suddiviso in tre componenti che creano fenomeni composti: le fonti sonore, variabili in relazione ai caratteri morfologici e funzionali dello spazio costruito; gli spazi di diffusione, intesi come luoghi di propagazione del suono; la percezione del luogo, che riguarda l’assegnazione di significati allo spazio costruito. Questo trinomio definisce il concetto di forma sonora urbana. Le forme sonore urbane sono il risultato di componenti involontarie, di azioni e di interventi, di forme e di materiali. Modificando e rendendo in qualche modo volontarie queste componenti sonore possiamo cambiare la percezione di un luogo e degli oggetti o attività umane in esso contenute. Diviene chiaro ora come la relazione tra oggetto (strumento), gesto (azione) e correlazione timbrica diventi fondamentale in un'operazione di sound art.
Bill Fontana - Silent Echoes Sunny Evening
- Ambito fisico acustico
Il timbro dei suoni naturali è influenzato da moltissimi parametri variabili come ad esempio le caratteristiche fisiche dei materiali con cui è costruito uno strumento o dell'oggetto che ha prodotto un determinato suono e dal modo in cui è messo in vibrazione. Tutti questi parametri concorrono a formare una rappresentazione fisica del timbro di quel suono ovvero la sua forma d'onda, che decrive come varia nel tempo la pressione atmosferica (o il voltaggio di un segnale) nel produrre quel determinato suono. Nella figura sottostante sono illustrate tre diverse forme d'onda, la prima rappresenta un suono puro, la seconda un suono complesso periodico mentre la terza suono complesso aperiodico.
Suono puro
Suono complesso periodico
Suono complesso aperiodico
Gli elementi principali che contribuiscono alla caratterizzazione delle forme d'onda sono due:
- nel dominio della frequenza le componenti spettrali
- nel dominio del tempo l'inviluppo spettrale
Osserviamoli nel dettaglio:
Componenti spettrali o spettri sonori. I suoni presenti in natura non producono mai suoni puri (onde sinusoidali perfette) come quelli illustrati nelle figure osservate fino a questo punto ma sono caratterizzati da forme d'onda molto differenti tra loro e dunque da suoni complessi. Un suono complesso è il risultato della sovrapposizione (somma) di più suoni puri con frequenza, ampiezza e fase differenti.
Per chiarire ulteriormente possiamo pensare uno spettro sonoro come un accordo musicale le cui singole note sono eseguite da suoni sinusoidali (un singolo suono puro per ogni nota) che l'orecchio umano non percepisce come un accordo formato da più note ma come un singolo suono con un determinato timbro:
Ogni suono puro che concorre a formare uno spettro complesso può essere chiamato suono armonico o parziale. La differenza terminologica tra queste due definizioni è sottile e implica la conoscenza del tipo di spettro a cui si riferisce. Fondamentalmente gli spettri sonori possono essere suddivisi in due grandi famiglie la cui differenziazione è data dai rapporti frequenziali intercorrenti tra le componenti pure che li formano:
Spettri armonici. Le frequenze dei parziali seguono rapporti formati da numeri interi:
1:1   1:2   1:3   1:5 ...
In questo caso i parziali possono essere chiamati anche armonici dove il suono (usualmente) più grave che corrisponde al rapporto 1:1 è chiamato fondamentale ed è quello che generalmente caratterizza l'altezza percepita di quel suono complesso, mentre i parziali successivi sono chiamati primo armonico, secondo armonico, e via dicendo fino idealmente a infinito.
In questo caso, stabilita la frequenza fondamentale in Hertz per ricavare le frequenze degli armonici basterà moltiplicarla per i numeri interi ottenendo una serie armonica:
La forma d'onda di questi suoni può essere solamente periodica, ricordando infine che il timbro è caratterizzato anche dalla presenza o meno di alcuni armonici e dalle loro differenti ampiezze e fasi.
Spettri inarmonici. Le frequenze dei parziali non seguono alcun rapporto particolare, o meglio non sono in rapporto con un suono fondamentale che in questo caso spesso è assente:
4:2   12:8   1:3.6   5.2:1.3 ...
La forma d'onda di questi suoni può essere sia periodica che aperiodica.
A questo punto possiamo affermare che tutti i suoni possibili sono composti da spettri compresi in un range che idealmente va dal suono più puro (la singola sinusoide) al suono più complesso (il rumore bianco) le cui caratteristiche oscillano tra suoni inarmonici, suoni quasi armonici e suoni armonici. Un approfondimento riguardo questa tematica lo possiamo trovare a questo link.
Tutto quello che abbiamo appena osservato si basa su un teorema enunciato dal fisico francese J.Fourier nei primi anni dell'800 che recita:
Qualunque segnale periodico può essere scomposto nella somma di un eventuale termine costante e di segni sinusoidali, dei quali il primo, avente lo stesso periodo e quindi la stessa frequenza del segnale considerato, si chiama prima armonica o fondamentale, e gli altri, aventi periodi sottomultipli e quindi frequenze multiple, si chiamano armoniche superiori
Inviluppo spettrale o transitori Le tipologie di spettri sonori che abbiamo appena descritto si riferiscono a fotografie istantanee di un suono. Il fatto è che il suono è un’entità "vivente" che comincia dal silenzio, segue una parabola ben delineata e scandita in diverse fasi temporali e infine torna al silenzio. Possiamo schematizzare il susseguirsi di queste fasi nel modo seguente:
un attacco (Attack) che corrisponde a come il suono viene generato dal silenzio.
una fase di sostegno (Sustain) nella quale generalmente il contenuto spettrale si stabilizza.
una fase di decadimento (Release) che corrispnde al modo in cui il suono torna al silenzio.
Queste tre fasi pricipali costituiscono quello che viene definito l'inviluppo d'ampiezza di un suono. Nella figura sottostante sono illustrati gli inviluppi di ampiezza caratteristici di alcuni strumenti musicali:
Durante queste fasi il contenuto spettrale del suono emesso non è costante ma varia nel tempo e dunque il timbro di uno strumento è determinato dall'evoluzione del contenuto spettrale del suono nel tempo. Ogni singolo parziale segue un proprio inviluppo d'ampiezza, che sovrapposto agli inviluppi degli altri parziali forma l'inviluppo spettrale di un suono. Ad esempio lo spettro del suono di un pianoforte è molto più vicino al rumore bianco al suo attacco (nei primi millisecondi) quando il martelletto colpisce le corde, si stabilizza in uno spettro armonico ricco dato dalle caratteristiche fisiche del corpo dello strumento nella fase di sostegno per poi rarefarsi vero pochi suoni puri di risonanza quasi-armonici nella fase di rilascio.